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Ridurre lo stress: le 3 M che ci vengono in aiuto

ridurre lo stress

Quando si nomina la parola stress cosa ci viene in mente? Molto probabilmente il lavoro, la rata del mutuo, il partner, i figli, il traffico. Sono tutte aree della vita che generano ansia e preoccupazione… stress. Se siete come noi, sarete sempre alla ricerca di strategie per ridurre lo stress.
Da un punto di vista più fisiologico però, lo stress non è una patologia, nemmeno necessariamente qualcosa di negativo.

il nostro organismo è alla costante ricerca di un equilibrio interno, detto omeostasi, che viene continuamente minacciato da vari fattori, chiamati appunto stressors, a cui esso risponde per riportare la situazione a una nuova normalità.

La nostra vita è piena di queste perturbazioni che inducono costantemente un impegno per il nostro organismo a cercare di ristabilire un equilibrio al tutto. Se ci pensate lo scopo dello stress è la sopravvivenza, questo perché un certo livello di stress è necessario per rinvigorire il nostro organismo e renderlo pronto a rispondere alle situazioni più difficili. Il problema si pone quando le condizioni stressanti si prolungano eccessivamente, e i livelli di stress diventano insostenibili, allora questo non è più un mio alleato ma rischia di mettere in difficoltà il mio corpo.

Abbiamo quindi chiarito il concetto che lo stress è la risposta a una qualsiasi perturbazione esterna, che induce il nostro organismo a ricercare una nuova situazione di equilibrio.

Per rispondere allo stress esistono 2 tipi di risposte:

  • Una che ha effetto immediato, gestita prevalentemente dal sistema nervoso
  • Una che ha effetto ritardato, gestita prevalentemente da quello che viene definito sistema endocrino

La risposta immediata si innesca immediatamente, nel giro di qualche secondo dal sopraggiungere di una paura intensa ed è a carico, abbiamo detto, del nostro sistema nervoso, che nello specifico va a produrre la famosa adrenalina. Cos’è l’adrenalina? È un neurotrasmettitore, ovvero una sostanza che permette ai nervi di comunicare tra di loro. E’ anche chiamata risposta “fight or flight”, ovvero combatti o fuggi. Questa risposta si attiva in modo funzionale per poterci dare l’energia necessaria a sopravvivere.

La risposta più tardiva, che si innesca nel giro di minuti/ore è gestita dal sistema nervoso endocrino, ovvero dai neuroni. Fa parte della nostra routine e possiamo definirla fisiologica; questa via è sempre attiva, in sordina, per garantire il mantenimento dell’omeostasi.
Lo stressor viene percepito dalla nostra corteccia cerebrale, e lo stimolo viene comunicato all’ipotalamo, una regione del nostro encefalo in cui si producono messaggeri che giungono a destinazione delle principali ghiandole e le spingono a produrre ormoni. In questo caso, in condizioni di stress viene stimolata la ghiandola surrenale a produrre cortisolo, il quale svolge i suoi effetti metabolici finché la situazione non si risolve.

Il cortisolo quindi:

  • Aumenta la gittata cardiaca, il sangue che viene pompato dal cuore in un minuto, per assicurare un maggior flusso sanguigno e irrorare bene i muscoli
  • Aumenta la glicemia per assicurare carburante disponibile per la situazione di emergenza
  • Riduce le difese immunitarie e le reazioni infiammatorie perché non sono utili al momento.
  • Diminuisce la sintesi del collagene, proteina di cui sono composti i tessuti connettivi e in particolare le ossa, perché non è utile
  • Come fa ad aumentare la glicemia? Perché si favorisce il catabolismo muscolare e la lipolisi, proprio per poter utilizzare tutte, ma proprio tutte le fonti di energia rimaste.

Se questi effetti sono benefici nel breve termine, al contrario quando il cortisolo viene prodotto in cronico, alcuni effetti portano a danni nel nostro organismo.

Il nostro sistema nervoso ha due strade che può percorrere per determinare una serie di risposte. Il sistema nervoso si divide in un sistema simpatico (simpatico – regola le funzioni che richiedono l’impiego di energia immagazzinata, es. situazioni di lotta o fuga) e para-simpatico (regola le funzioni che ripristinano e mantengono  le riserve di energia, es. digestione e riposo).

Dunque, il sistema simpatico è composto da quei nervi che se stimolati attivano delle funzioni. Il parasimpatico è composto da nervi che se stimolati inibiscono delle funzioni. Se quindi ad esempio il sistema simpatico aumenta la frequenza cardiaca e la pressione, il sistema parasimpatico le riduce.

Dunque possiamo facilmente intuire che adrenalina e cortisolo vengono prodotti dalla stimolazione del sistema nervoso simpatico.
Quando siamo stressati dunque, c’è una iperattivazione del sistema simpatico, e questo, protratto in cronico crea tutte quelle risposte maladattative (stanchezza e irritabilità, difficoltà a dormire e rilassarsi) allo stress che abbiamo visto prima perché c’è una produzione eccessiva di cortisolo e adrenalina.

Quindi è necessaria una modifica degli stili di vita per stimolare l’attività del sistema parasimpatico sul sistema simpatico e andare a ridurre la sintomatologia dello stress.

Come? seguiamo la regola delle 3 M:

  • Mangiare bene
  • Meditazione
  • Muoversi

MANGIARE BENE

Cosa c’entra la salute intestinale con la stimolazione del tono parasimpatico?

Quello che interessa a noi non è tanto il tessuto intestinale, ma la popolazione che abita nell’intestino, quella che conosciamo come flora batterica ma in realtà non contiene solo batteri, ma anche ad esempio miceti, e si chiama microbiota.

Questi batteri non sono una massa inerte di microorganismi che restano nel nostro intestino, svolgono ruoli ben precisi. Si possono delineare nello specifico 3 tipi di microorganismi: 

  • Simbionti: microrganismi che utilizzano le nostre risorse, ma svolgono un ruolo attivo nella produzione di sostanze benefiche anche per il nostro organismo.
  • Commensali: microrganismi che utilizzano le nostre risorse per vivere ma che non svolgono ruoli né negativi né positivi nel nostro organismo
  • Patobionti: microrganismi che si sono dimostrati avere effetti negativi per il nostro organismo.

Se tutte queste specie di batteri sono in equilibrio tra loro ci troviamo in una condizione di eubiosi. Quando la condizione non è più in equilibrio si raggiunge uno stato chiamato disbiosi, ovvero un’alterazione della flora microbica intestinale, che può portare a vari problemi.

E quali sono le cause della disbiosi? 

  • Gli antibiotici
  • Eccessiva igiene
  • La sedentarietà
  • Obesità
  • Infiammazioni croniche
  • Dieta scorretta

Se ho una condizione di disbiosi, le giunzioni strette dell’intestino, che sigillano le membrane e non permettono il passaggio di molecole esterne, potrebbero rompersi e determinare una condizione definita leaky gut, o sindrome dell’intestino permeabile. Ciò comporta che i batteri possano infiltrarsi nel sangue, causando endotossiemia e infiammazione sistemica.

Essendo presente una connessione tra intestino e cervello, chiamata “asse”, da una situazione di stress e ansia cronica a risentirne può essere anche l’intestino, ma da una salute intestinale compromessa può risentirne il mio sistema nervoso.

Ogni giorno possiamo notare gli effetti del funzionamento di questo asse: capita che per l’agitazione a causa di un esame, di un colloquio importante, o di una generica situazione stressante abbiamo aumento della motilità intestinale; quindi lo stress può dare sintomi intestinali e in egual modo l’intestino tramite i neurotrasmettitori e il nervo vago comunica con il cervello; di conseguenza un’infiammazione intestinale può compromettere il corretto funzionamento nervoso, dunque del nervo vago, e aumentare il rischio di stress.

Allora come si potrebbe favorire la salute intestinale? 3 regole:

  • Acqua: l’idratazione garantisce la corretta motilità intestinale, altrimenti le feci ristagnerebbero e ci sarebbe un maggior contatto di sostanze potenzialmente tossiche con la mucosa intestinale. Bere 1 litro ogni 1000 kcal di fabbisogno giornaliero, quindi circa 2 litri di acqua al giorno. 
  • Fibra: è il mangime per i nostri microrganismi, che, se non hanno il cibo, lo vanno a cercare nello strato di mucosa intestinale, e questo potrebbe causare assottigliamento della mucosa e dunque leaky gut. 
  • Cibi probiotici/fermentati: 
  • Miso: direttamente nei cibi per creare un brodo mantiene il potenziale probiotico
  • Tempeh 
  • Crauti: crudi
  • Kefir: latte fermentato, somiglia allo yogurt
  • Kombucha: tè fermentato, 
  • Kimchi: verdura fermentata alla coreana
  • Giardiniera: non quella sotto aceto ma come la facevano le nonne, ovvero la verdura lasciata in ammollo con acqua e sale
  • Lievito madre, che però perde il suo potere probiotico quando viene cotto.

MEDITAZIONE

La seconda via che può permetterci di modulare e forse ridurre lo stress che è quella della respirazione e delle tecniche di rilassamento.

La pratica della meditazione è indicata per la riduzione dello stress; si sono ipotizzati 2 meccanismi attraverso i quali si ottiene un miglioramento della condizione:

  • Psichico: anche attraverso la meditazione ci si confronta sul “qui e ora”, facendo una specie di “auto-terapia cognitivo-comportamentale”. Ovviamente non essendo seguiti da un professionista è molto difficile ricevere benefici da questo meccanismo.
  • Meccanico: Abbiamo visto prima che in condizioni di stress cronico vi è un’iperstimolazione del sistema simpatico. La respirazione può incidere su questi processi e attivare il sistema parasimpatico e di conseguenza migliorare il tono umorale, abbassando i livelli di cortisolo e quindi stress.

Il protagonista in questo caso è il diaframma, il muscolo principale della respirazione. Si dà il caso che attraverso il forame che presenta il diaframma per far passare l’esofago passi il nervo vago, che stimola il sistema Parasimpatico, ovvero quello che rilassa il tono muscolare e riduce le componenti simpatiche. Il nervo vago modula la risposta infiammatoria inibendo la produzione delle citochine proinfiammatorie e riducendo la nocicezione. Ecco che, quindi, attraverso delle respirazioni profonde, diaframmatiche e controllate, abbiamo la possibilità di andare ad agire sulla stimolazione del nervo vago, inducendo una risposta parasimpatica più marcata, avendo la possibilità di ridurre quindi la componente stressogena del nostro organismo. La ritmicità della respirazione diaframmatica contribuisce anche a regolare le pressioni addominali e quindi anche la motilità intestinale.

MUOVERSI

Intanto possiamo dire in generale che l’esercizio ha degli effetti positivi sulla salute mentale, in quanto è stato dimostrato che non solo riduce gli stati ansiosi e depressivi, ma ne previene l’insorgenza nei soggetti sani che non soffrono di questi disturbi. com’è possibile che l’allenamento, che ci costa così tanta fatica, faccia bene (o anche male) al nostro stato umorale?

Sono presenti sia meccanismi psicologici che fisiologici che spiegano l’effetto dell’esercizio fisico sulla salute mentale (vi rimandiamo anche a questo articolo).

A livello psicologico sono:

  • Il primo meccanismo è quello della Self-efficacy o Mastery. I due termini inglesi tradotti letteralmente significano autoefficacia e padronanza. Se sappiamo di fare qualcosa bene siamo più contenti di farla, perché ci sentiamo più capaci. L’autoefficacia è la fiducia che la persona ripone nelle proprie capacità, e la convinzione che queste capacità portino agli effetti desiderati. Il pensiero di aver raggiunto un obiettivo faticoso come concludere una seduta di allenamento intenso porta ad un guadagno di sicurezza in sé che migliora l’umore. 
  • Il secondo meccanismo è molto intuitivo, ed è quello che -erroneamente- spesso si dice alle persone che soffrono di disturbi dell’umore: “pensa ad altro, distraiti e vedrai che passa”. Ecco, in quei casi si sta sottovalutando un problema, ma in realtà pare che l’esercizio funzioni anche così: molto banalmente, l’allenamento rappresenterebbe un momento di “time out mentale”, di distrazione dai pensieri negativi e dal rimuginio. Basti pensare ad un semplice meccanismo che applicano molti di noi, riluttanti all’idea di allenarsi perché la fatica ci costa fatica, ovvero quello di mettere su la musica per non pensare alla fatica che stiamo facendo. Ebbene si è visto che la musica, spostando l’attenzione, migliora possibilmente la performance. 
  • In ultimo abbiamo l’effetto Placebo. Il placebo infatti è una sostanza o un trattamento medico che non ha alcuna proprietà terapeutica, non ha alcun principio attivo, ma che è comunque in grado di stimolare una risposta o effetto (appunto risposta o effetto placebo) conseguente alla sua somministrazione. L’effetto placebo consiste in un cambiamento organico o mentale che è quindi collegato al significato simbolico che la persona attribuisce alla sostanza placebo che sta assumendo. Semplificando molto il concetto, una certa sostanza avrà effetti diversi solo in base a come la persona reputa quella sostanza. 

Detto questo, cosa significa che l’esercizio agisce sull’umore con un effetto placebo? Hanno studiato un protocollo di esercizio sempre somministrando dei questionari, questa volta sulla depressione, prima e dopo le 8 settimane di allenamento. Solo che questa volta insieme ai questionari sulle emozioni, gli è stato dato anche un questionario sulle aspettative che i partecipanti avevano nei confronti del protocollo di allenamento. Quello che hanno trovato è molto interessante perché i partecipanti che prima del periodo erano più fiduciosi che il periodo di allenamento li avrebbe aiutati sul loro stato depressivo, hanno effettivamente avuto un effetto maggiore sulla depressione. 

Dal punto di vista fisiologico, poi, l’esercizio fisico agisce su:

  • Endorfine
  • Mitocondri
  • Modulazione del microbiota
  • Neurotrasmettitori
  • BDNF
  • Infiammazione

Andando a ridurre la produzione di sostanze infiammatorie e producendo sostanze antinfiammatorie, riattivando i mitocondri, migliorando la produzione del BDNF e delle endorfine.

Nello specifico quale tipo di esercizio fisico andrebbe fatto? E con quali modalità?

Tra esercizio aerobico (per intenderci camminata, bici o corsa) ed esercizio di forza non ci sono molte differenze, entrambi hanno un buon effetto per ridurre lo stress e l’ansia. Pare però che l’esercizio di forza sia un po’ più efficace perché più intenso. Infatti uno studio ha dimostrato che chi soffre di disturbo di ansia generalizzata mostra una maggiore remissione dei sintomi (del 60%) se fa allenamento di forza, rispetto a chi ha ansia generalizzata e fa allenamento aerobico (remissione del 40%) 

Inoltre pare un’intensità troppo elevata abbia un effetto opposto, quindi vada ad aumentare gli stati stressogeni: a livello fisiologico crea uno stato infiammatorio perché si riduce l’efficacia del sistema immunitario, e a livello psicologico si disinnescano dei meccanismi di dipendenza soprattutto in persone tendenti ad atteggiamenti ossessivi. 

Infine, per avere effetti duraturi c’è bisogno di fare esercizio continuativo di almeno 8-10 settimane, per vedere un effetto sull’umore.

In conclusione, una dieta varia e moderata, ricca in fibre e alimenti fermentati e associata ad un’adeguata quantità di acqua, unita a regolare e moderatamente intenso esercizio fisico e ad una corretta attività del diaframma attraverso pratiche di meditazione, possono aiutare il nostro corpo nel mantenere i livelli di stress in condizioni accettabili, senza sfociare in sintomatologie depressive, sindromi nervosi o burnout.

  • Sophie Bostock, Alexandra D. Crosswell, Aric A. Pratherb, and Andrew Steptoe. Mindfulness on-the-go: Effects of a mindfulness meditation app on work stress and well-being
  • Matthew A. Stults-Kolehmainen and Rajita Sinha. The Effects of Stress on Physical Activity and Exercise
  • Randomised clinical trial: the efficacy of gut-directed hypnotherapy is similar to that of the low FODMAP diet for the treatment of irritable bowel syndrome. S. L. Peters, C. K. Yao, H. Philpott, G. W. Yelland, J. G. Muir & P. R. Gibson