Quanto incide lo stile di vita sulla pressione arteriosa?

Ridurre il rischio di ipertensione arteriosa è un obiettivo primario per migliorare la qualità di vita della persona e ridurre il rischio di mortalità. Oltre ai trattamenti farmacologici, le modificazioni dello stile di vita hanno mostrato un impatto importante sulla riduzione dei valori pressori. Ricercare uno stile di vita sano, migliorando l’alimentazione e aumentando i livelli di esercizio fisico, in combinazione con la terapia farmacologica, rappresenta la miglior strategia per gestire con successo l’ipertensione. Ma quanto pesano concretamente tutte le modificazioni dello stile di vita sulla pressione arteriosa?
Cos’è l’ipertensione?
Le patologie cardiovascolari sono le cause principali di mortalità nel mondo. L’ipertensione, ovvero l’innalzamento della pressione arteriosa, rappresenta il fattore di rischio cardiovascolare più diffuso: si stima che a soffrirne al mondo siano 1,13 miliardi di persone, mentre in Italia si riscontra nel 18% della popolazione. Si ipotizza però che questo valore sia sottostimato poiché non comprende tutte le persone che non sono consapevoli di soffrirne: l’ipertensione infatti è anche soprannominata “silent killer” perché nella maggior parte dei casi non porta sintomi, ritardando o rendendo difficile la diagnosi.
Si definisce ipertensione l’innalzamento della pressione arteriosa sopra valori sistolici di 140mmHg e diastolici di 90mmHg ma si considerano ottimali i valori < 120/80 mmHg; pertanto, si parla già di pre-ipertensione con valori > 120/80 mmHg.
Le conseguenze cliniche dell’ipertensione comprendono danni al cuore, al cervello, ai reni e ai vasi sanguigni, come ad esempio l’infarto.
Effetto dell’esercizio fisico
Maggiori livelli di esercizio fisico sono stati associati a una migliore salute cardiorespiratoria e ad una riduzione della mortalità da tutte le cause. Sia l’esercizio aerobico, spesso definito come di resistenza o cardio, sia quello di forza hanno dimostrato effetti significativi sulla pressione arteriosa: in particolare la pratica di attività fisica agirebbe migliorando l’elasticità dei vasi e la funzione endoteliale. Inoltre, insieme alla dieta, promuove la perdita di peso in persone con obesità, garantendo i benefici descritti nel prossimo paragrafo.
L’esercizio aerobico è al centro degli studi sugli effetti dell’allenamento nell’ipertensione. In acuto, con l’allenamento aerobico si sono osservati abbassamenti della pressione sistolica e diastolica rispettivamente di 5-8 mmHg/ 2-4 mmHg, in persone con diagnosi di ipertensione; inoltre, questi effetti perduravano durante la giornata, dimostrando ulteriormente l’importanza di una prescrizione di esercizio giornaliera, al pari della terapia farmacologica.
Gli studi sull’allenamento di forza evidenziano un buon abbassamento della pressione sistolica e diastolica, in acuto e in cronico, soprattutto a seguito di allenamento ad alta intensità (riduzione di 33/15 mmHg, rispettivamente sistolica e diastolica) ma anche a basse intensità (8/6 mmHg sistolica e diastolica). Inoltre, sono stati riscontrati adattamenti sul lungo termine in seguito a programmi di esercizio della durata di 12 settimane, con una riduzione della pressione sistolica e diastolica rispettivamente di 16 e 12 mmHg. Questi risultati sono in contrasto con il dubbio storico riguardo la somministrazione di esercizio di forza in persone con ipertensione: l’ipotesi era che la Manovra di Valsalva, ovvero la manovra di espirazione forzata a glottide chiusa, avesse degli effetti negativi sula pressione. L’avanzare della ricerca e l’aggiornamento delle linee guida internazionali hanno però confermato che i benefici dell’esercizio di forza sull’ipertensione superano i rischi.
Riduzione del peso
L’obesità rappresenta un fattore di rischio cardiovascolare a causa delle complicanze associate, come l’insulino-resistenza, l’aumento delle citochine infiammatorie e dello stress ossidativo, ma soprattutto per l’accumulo di tessuto adiposo a livello viscerale: questo in particolare potrebbe portare ad una riduzione della funzionalità di tutti gli organi, tra cui il rene, uno dei principali sistemi di regolazione della pressione. Di conseguenza, l’aumento della pressione arteriosa è provocato dalla compressione del rene da parte del tessuto adiposo. Diversi autori ipotizzano che con una perdita di peso del 6-8%, la pressione sistolica e diastolica può ridursi rispettivamente di 5 e 4 mmHg e che la perdita di 10kg di peso corporeo riduca la pressione sistolica di 5-20 mmHg.
Dieta varia e bilanciata
Una corretta alimentazione rientra nelle modificazioni dello stile di vita che riducono il rischio di patologie croniche cardiovascolari. Nello specifico, sono principalmente quattro i fattori di una dieta che influenzano la pressione arteriosa:
- Introito di sodio: il fabbisogno giornaliero di sodio ammonta a 2400 mg (contenuto in circa 6g di sale) ma il consumo medio nelle diete è maggiore di 3400 mg al giorno. Il sodio ha un effetto diretto sull’aumento di liquidi nel flusso sanguigno, innalzando di conseguenza la pressione arteriosa. Ridurre l’introito giornaliero di sodio in persone con diagnosi di ipertensione permette una riduzione dei valori di pressione sistolica e diastolica rispettivamente di 8 e 4 mmHg.
- Introito di potassio: le concentrazioni di potassio influenzano quelle del sodio per questioni di bilancio elettrolitico cellulare. Di conseguenza, l’introito di potassio risulta molto importante nella gestione della pressione arteriosa, in quanto una sua carenza potrebbe aumentare la pressione arteriosa: il giusto rapporto nel bilancio di sodio e potassio con la dieta regola la pressione. Alcuni studi hanno dimostrato che l’integrazione di potassio ha permesso di ridurre la pressione sistolica e diastolica rispettivamente di 2 e 3 mmHg.
- Indice e carico glicemico: questi due parametri indicano la capacità di un alimento o un pasto di alzare la glicemia nel sangue e, di conseguenza, aumentare la produzione di insulina da parte del pancreas. Alimenti ad alto indice glicemico sono cibi contenenti prevalentemente carboidrati e zuccheri (leggi qui l’articolo sull’indice glicemico): alti livelli di insulina dovuti a frequenti pasti ad alto carico glicemico possono aumentare il rischio di insulino-resistenza e diabete. L’obesità è strettamente collegata a questo rischio perché riduce la capacità delle cellule di accogliere l’insulina per abbassare i livelli di glicemia; inoltre, alti livelli di insulina aumentano la produzione endogena di colesterolo ed un suo accumulo potrebbe instaurare placche aterosclerotiche che aumentano la pressione sanguigna, oltre che rappresentare uno dei maggiori rischi di complicanze cardiovascolari.
- Consumo di fibre e riduzione dei grassi saturi: diversi studi hanno indagato l’effetto di una dieta ricca di frutta, verdura e a basso contenuto di grassi saturi; ad esempio, è stata osservata una riduzione della pressione sistolica di circa 10mmHg in persone con valori sistolici tra 140-149 mmHg, mentre di circa 20mmHg in persone con valori sistolici >150mmHg.
Riduzione del consumo di alcol
Nelle persone che fanno un uso cronico di alcol (>30-60 g al giorno) sono stati riscontrati valori aumentati di pressione arteriosa. Una riduzione di 10g al giorno è associata ad un abbassamento della pressione sistolica di 1-2 mmHg. Inoltre, è dimostrato che il consumo di alcol di cronico potrebbe causare resistenza ai farmaci antiipertensivi.
- Juraschek SP et al. (2017). Effects of Sodium Reduction and the DASH Diet in Relation to Baseline Blood Pressure
- Ozemek C et al. (2020). Impact of therapeutic lifestyle changes in resistant hypertension
- Bacon S et al. (2004). Effects of Exercise, Diet and Weight Loss on High Blood Pressure