Freddo e Caldo: fattori sottovalutati di rischio.
Quando parliamo di clima non facciamo riferimento solo al meteo e alle problematiche che ha il nostro pianeta, ma bensì a tutte quelle condizioni in ambito lavorativo che ci espongono a temperature molto elevate o estremamente basse per la maggior parte della giornata. Spesso sottovalutati, freddo e caldo rappresentano un fattore di rischio per la nostra salute.
Secondo quanto riportato dal Ministero della Salute, circa il 30% della popolazione mondiale è esposta a condizioni di caldo particolarmente critiche per la salute almeno 20 giorni all’anno, con una probabilità di aumento nei prossimi anni. Chi ne è più affetto sono i lavoratori, specialmente quelli che trascorrono la maggior parte della loro attività all’aperto. In particolare dallo studio di Di Blasi e colleghi (2023) emerge che le alte temperature rappresentano un fattore di rischio significativo per gli infortuni sul lavoro nel settore agricolo.
Nello stesso studio si stima che, nei prossimi anni, con il progredire del riscaldamento globale, aumenteranno gli impatti negativi sulla salute dei lavoratori e sulla produttività delle industrie di tutto il mondo.

Al contrario, l’esposizione al freddo è tipica dei settori dell’edilizia, cantieri navali, lavori minerari,agricoltura,pesca,cave,trasporto e stoccaggio.
Gli ambienti termici nel mondo lavorativo sono regolamentati dalle norme EN ISO 13732-1 e 3. La norma EN ISO 13732-1 espone i limiti della temperatura oltre il quale si può avere ustioni seguito contatto con superfici solide calde, a pelle non protetta. La parte 3 invece, illustra i rischi a seguito di contatto con superfici fredde.
Nella valutazione del rischio si prendono in considerazione 4 fattori che possono andare a incidere o meno nel discomfort corporeo:
- Correnti d’aria.
- Differenza verticale di temperatura tra testa e caviglia.
- Pavimenti caldi o freddi.
- Asimmetria radiante, dovuta a pareti/soffitti caldi o freddi.
Ecco perché, essere a conoscenza di come queste condizioni in ambito lavorativo possano esporci o meno a rischi per la nostra salute, risulta di fondamentale importanza.
Gli ambienti che possono incidere sulla salute dei lavoratori si definiscono “ambienti severi” (caldi e freddi) caratterizzati da condizioni termiche estreme che influenzano sia la performance lavorativa che la salute dei lavoratori.
Queste condizioni microclimatiche, possono essere causate da esigenze produttive (lavorazioni con forni ad alte temperature, celle frigo, catene alimentari) o a condizioni climatiche esterne per lavori all’aperto (agricoltura, cantieri, realizzazione e manutenzione di strade ecc ecc).
Proprio per il suo importante indice di rischio, nel D.Lgs. 81/2008 il microclima (insieme dei parametri ambientali che caratterizzano localmente l’ambiente in cui l’individuo vive e lavora) è stato riconosciuto come agente di rischio fisico, rendendone obbligatoria la valutazione dei rischi.
Ma come mai l’esposizione a temperature troppo calde o troppo fredde è considerato un fattore di rischio nel mondo del lavoro?
Si è visto che lavori pesanti in ambienti molto caldi sottopongono il sistema cardiocircolatorio a notevole sforzo, tale da causare il classico “colpo di calore”. Allo stesso modo, ambienti estremamente freddi espongono al rischio di ipotermia che può determinare conseguenze gravi. Se si pensa che nel contesto occupazionale almeno 2 lavoratori su 1000 sono sottoposti a questo rischio, la prevenzione diventa essenziale.
Alla base di tutto c’è la nostra termoregolazione. Noi esseri umani siamo organismi omeotermi ovvero, in grado di produrre in autonomia il nostro calore corporeo regolandolo nel tempo. La nostra temperatura si aggira intorno ai 37 gradi, mantenuti tali da continui scambi termici con l’ambiente circostante attraverso meccanismi di convezione, evaporazione, irraggiamento e conduzione.
Ma chi è il responsabile della nostra termoregolazione? E’ l’ipotalamo: vero e proprio termostato del nostro corpo. In particolare parliamo della sua sezione anteriore, deputata al controllo autonomo della temperatura. L’ipotalamo comunica e svolge la sua funzione grazie ai termorecettori profondi centrali e periferici.
In base alla temperatura esterna, il nostro ipotalamo sarà in grado di modificare la temperatura corporea dissipando calore o incrementando la sua produzione. Per modificare in autonomia la nostra temperatura l’ipotalamo mette in atto due meccanismi: vasodilatazione e vasocostrizione.
Nel caso di esposizione ad ambienti molto caldi il nostro organismo ha bisogno di dissipare calore dunque il primo meccanismo che attiverà sarà quello della vasodilatazione periferica..
Al contrario, a seguito di esposizione ad ambienti freddi l’ipotalamo entrerà in gioco per impedire la dispersione di calore e assicurare il mantenimento della temperatura centrale entro i limiti. Si attiverà la vasocostrizione, diminuendo il lume dei nostri vasi sanguigni, e successivamente verrà prodotto calore attraverso il meccanismo di termogenesi con brivido data dall’attivazione dei muscoli. Questo equilibrio è molto importante poiché più ci allontaniamo dalla nostra temperatura ideale (37 gradi) più il nostro organismo andrà incontro ad uno stress termico e farà fatica a mantenere tutte le sue funzioni vitali.
Ora che sappiamo come funziona il nostro ipotalamo cosa succede quando ci troviamo a lavorare ad alte temperature per un periodo di tempo prolungato?
Se il nostro lavoro richiede un elevato impegno fisico in un ambiente molto caldo (fucina,lavori stradali,forni ecc ecc) avremo un aumentato impegno del nostro sistema cardiovascolare: tentando di dissipare il calore metteremo in atto il meccanismo di vasodilatazione periferica, allo stesso tempo però, il lavoro muscolare intenso richiede un aumento del flusso sanguigno verso i muscoli interessati dallo sforzo. Questa combinazione di fattori sfocerà quindi in una condizione di sovraccarico cardiaco.
Le conseguenze più frequenti in questa condizione possono essere:
- Sincope da calore.
- Esaurimento della termoregolazione con un innalzamento della temperatura al di sopra dei 40 gradi e dall’arresto della sudorazione.
- Crampi da calore.
- Deficit idrico.
- Deficit sodico con un inadeguato ripristino del sodio perso con il sudore.
- Ustioni.
- Eritema da calore.
L’INAIL di fronte a queste condizioni ha rilasciato delle buone pratiche in grado di andare a salvaguardare i lavoratori di fronte a questi pericoli. I consigli maggiormente citati sono: il cambio dei turni, ovvero cercare di spostare la lavorazione la mattina presto e nelle ore pre-serali per evitare le ore più calde e l’aumento delle pause. In particolare è importante che sia sempre messa a disposizione l’acqua e zone d’ombra dove riposare per evitare l’esposizione diretta al sole. In particolare è consigliato non bere più di 1,5 litri di acqua in 1 ora per evitare eccesso di liquidi e carenza di sali minerali.
E a basse temperature invece?
Come il caldo, anche l’esposizione prolungata a basse temperature può portare gravi danni al nostro organismo, a volte irrecuperabili. Come effetto diretto va ad aggravare le malattie croniche cardiovascolari e respiratorie.
Le conseguenze più frequenti le ritroviamo sotto forma di:
- Orticaria da freddo
- Assideramento, con progressiva depressione delle funzioni vitali.
- Acrocianosi
- Ipotermia
Per gli ambienti molto freddi, sono state redatte una serie di misure di prevenzione tra le quali: ridurre al minimo gli sbalzi termici tra ambiente di lavoro e spogliatoio, realizzare gli impianti di raffreddamento con flussi d’aria direzionati in aree non frequentate dai lavoratori e l’installazione di spazi climatizzati per consentire al lavoratore di ridurre la permanenza negli ambienti freddi.
Sempre per il freddo, l’indice OCRA all’interno dei fattori di rischio complementari fa rientrare con la normativa EN ISO 13732-3 tutte le lavorazioni in cui il soggetto è a contatto con superfici fredde. In particolare, la temperatura degli oggetti presi in mano deve essere superiore ai 10 gradi, se minore, la lavorazione viene considerata più “a rischio”. In alcuni settori lavorare senza guanti protettivi è inevitabile se si eseguono lavori di precisione o se si opera nel settore alimentare. Di conseguenza il contatto diretto della pelle con le superfici fredde porta inevitabilmente a dolore, intorpidimento e congelamento. In aggiunta, ripetute esposizioni al freddo possono portare a danni a livello dei nervi e dei vasi.
Sono stati individuati due tipi di esposizione da contatto:
- Tocco con la punta delle dita, per pochi secondi, una superficie fredda.
- Afferrare materiali freddi con le mani, per alcuni minuti o secondi.
Come indicatore di rischio si prendono in considerazione i maggiori fattori che coinvolgono le mani e le dita:
- Proprietà della superficie dell’oggetto.
- Temperatura dell’oggetto e dell’ambiente.
- Durata di contatto tra pelle e superficie.
- Caratteristiche della pelle, natura e tipo di contatto.
I rischi del freddo spesso si ritrovano nell’industria, specialmente nella lavorazione degli alimenti. Come prevenzione di fronte agli effetti del contatto diretto è stata limitata la lavorazione con alimenti -5 gradi a 20 minuti mentre il contatto con le macchine in acciaio inossidabile non deve superare i 45 secondi.
Tenendo conto di questi criteri dunque, le principali misure di protezione sono i dispositivi di protezione individuale, come il doppio guanto (guanto interno sottile quando il guanto esterno limita le prestazioni) e abiti da lavoro progettati in modo tale da tenere gli attrezzi al caldo e consentire di estrarli e inserirli facilmente.
In conclusione, il microclima risulta ancora oggi un fattore di rischio sottovalutato e proprio per questo, il mettere in atto strategie di prevenzione negli ambienti lavorativi risulta fondamentale per la salute di tutto il personale.
Sulla base di ciò, l’INAIL sta portando avanti il progetto “WORKLIMATE 2.0”. L’obiettivo prevede la valutazione dell’impatto dello stress termico attraverso una piattaforma web volta a fornire un supporto concreto sia ai lavoratori che alle stesse aziende.
BIBLIOGRAFIA:
- Testo unico salute sicurezza - 2023
- Tansey, E. A., & Johnson, C. D. (2015). . Recent advances in thermoregulation. Advances in physiology education, 39(3), 139–148
- Di Blasi, C.; Marinaccio, A.; Gariazzo, C.; Taiano, L.; Bonafede, M.; Leva, A.; Morabito, M.; Michelozzi, P.; de'Donato, FK; per conto del Gruppo Collaborativo Worklimate.. Effetti delle temperature e delle ondate di caldo sugli infortuni sul lavoro nel settore agricolo in Italia. interno J.Ambiente. Ris. Salute pubblica 2023
- Ergonomics of the thermal environment . Methods for the assessment of human responses to contact with surfaces. Part 3: Cold surfaces (ISO 13732-3:2005)<br />