Ergonomia e lavoro

Vibrazioni sul luogo di lavoro: fattore di rischio sottovalutato?

vibrazioni lavoro

L’esposizione alle vibrazioni sul luogo di lavoro è un insidioso fattore di rischio, che può condurre a numerosi disturbi muscoloscheletrici, come la sindrome di Raynaud. In particolare, si distingue l’esposizione a vibrazioni trasmesse alla mano, ad esempio da un avvitatore, e trasmette al corpo intero, solitamente dal sedile di un mezzo. Anche l’esposizione a vibrazioni è normata (d.lgs. 81/08 Titolo VIII, che rimanda agli standard ISO – 5349 e ISO – 2631), e sottoposta a restrizioni e valori limite; tuttavia, come vedremo, le norme attuali presentano alcuni limiti. Infine, potrebbe venire da chiedersi: perché le vibrazioni siano un fattore di rischio, quando in medicina vengono usate a scopo terapeutico, proprio per trattare condizioni del sistema muscoloscheletrico? 

Cercheremo di fare chiarezza su questo e altri punti.

Possiamo utilizzare la definizione intuitiva di vibrazioni, ovvero un movimento oscillatorio di piccola entità e ad alta o altissima frequenza. Queste oscillazioni si trasmettono ai tessuti dell’organismo, in maniera diversa a seconda della frequenza della vibrazione.

I parametri principali con cui misuriamo le vibrazioni, infatti, sono l’ampiezza e la frequenza di oscillazione: la prima indica l’entità delle oscillazioni, mentre la seconda indica le oscillazioni al secondo.

vibrazioni lavoro
schema della vibrazione
schematizzazione di una vibrazione

Se l’ampiezza ci può dire quanta energia trasmetterà la vibrazione ai nostri tessuti, la frequenza determina quali tessuti saranno principalmente coinvolti. Ciascun tessuto organico (e, in realtà, ciascun materiale) è più “sensibile” a vibrazioni di entità diversa: il tessuto osseo, ad esempio, risponde maggiormente a frequenze intorno ai 50 Hz (Hertz, ovvero n. oscillazioni al secondo).

Come abbiamo accennato, si distinguono due tipi di esposizione alle vibrazioni:

Vibrazioni trasmesse al complesso mano-braccio

Trasmesse dall’attrezzo impugnato, come avvitatori, motoseghe, o levigatrici. Le vibrazioni vengono trasmesse direttamente ai tessuti della mano e possono danneggiare vasi, nervi e apparato locomotore, portando, ad esempio, a sindrome del tunnel carpale o alla sindrome di Raynaud (anche detta sindrome del dito bianco), in cui i vasi sanguigni della mano si restringono eccessivamente in risposta a freddo o stress, portando a un blocco locale del  flusso sanguigno e intorpidimento delle dita.

La normativa ISO – 5349 prevede un’esposizione limite di 5 m/s2 per un periodo di riferimento di 8 ore lavorative, che può salire fino a 20 m/s2 per periodi più brevi di esposizione.

Vibrazioni trasmesse al corpo intero

Le vibrazioni trasmesse all’intero corpo, invece, sono più comuni nei guidatori di mezzi industriali e da agricoltura, come gru, ruspe, trattori, e via dicendo. In questo caso il rischio principale è a carico del tratto lombare, e può portare a lombalgie e patologie degenerative del rachide. La normativa ISO – 2631 fissa un limite di esposizione di 1 m/s2 sulle 8 ore, che sale a 1,5 m/s2 per periodi più brevi.

Siccome i tessuti rispondono in maniera diversa a frequenze diverse, queste vengono “pesate” in maniera diversa dalle norme ISO, per dare più importanza, nel calcolo dell’esposizione, alle vibrazioni che possono sollecitare maggiormente i tessuti dell’organismo.

Per le vibrazioni trasmesse al complesso mano-braccio, ad esempio, ad avere un peso maggiore sono le vibrazioni comprese tra i 4 e i 30 Hz. Tuttavia, negli ultimi anni è stata messa in discussione la scelta di pesare maggiormente le frequenze più basse, dato che gli ultimi modelli animali e computazionali stanno dimostrando come i vasi sanguigni siano più sensibili a frequenze più alte, comprese tra 125 e 250 Hz (Dong et al., 2021).

Per proteggersi dall’esposizione a questo fattore di rischio, oltre a limitare, dove possibile, i compiti che richiedono l’uso di strumenti che generano vibrazioni, è importante:

  • Formare i lavoratori sul corretto utilizzo dell’attrezzatura.
  • Impiegare attrezzi adeguati, e accessori come bracci ergonomici e ammortizzatori.
  • Utilizzare dpi come guanti e sedili antivibrazione.
  • Assicurare la corretta manutenzione dell’attrezzatura.

Applicazioni terapeutiche

Arrivati a questo punto, a un lettore accorto potrebbero venire in mente le “pedane vibranti” e attrezzature simili, utilizzate a scopo terapeutico.

La terapia vibratoria, da non confondere con la terapia a onde d’urto, ha delle interessanti applicazioni per il trattamento dell’osteoporosi e per il miglioramento della forza muscolare, ma, nonostante il mezzo sia lo stesso, l’applicazione delle vibrazioni è fondamentalmente diversa, con ampiezze relativamente grandi, e a frequenze medio basse (10-50 Hz). Inoltre, una seduta raramente supera i 10 minuti, contro le ore di esposizione in contesto lavorativo.

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schema della terapia vibratoria

Ancora una volta, dobbiamo ricordare quindi che è la dose a fare il veleno: l’applicazione controllata e supervisionata di vibrazioni per brevi sedute può avere effetti positivi, mentre l’esposizione prolungata e incontrollata può esporre il corpo a un rischio di disturbi muscoloscheletrici, che possono anche sfociare in malattie professionali conclamate.

Bibliografia

  • Campbell, R. A., Janko, M. R., & Hacker, R. I. (2017).. Hand-arm vibration syndrome: A rarely seen diagnosis. Journal of vascular surgery cases and innovative techniques, 3(2), 60–62. https://doi.org/10.1016/j.jvscit.2017.01.002<br />
  • Dong, R. G., Wu, J. Z., Xu, X. S., Welcome, D. E., & Krajnak, K. (2021).. A Review of Hand-Arm Vibration Studies Conducted by US NIOSH since 2000. Vibration, 4(2), 482–528. https://doi.org/10.3390/vibration4020030<br />
  • S. Maeda, M.D. Taylor, L.C. Anderson, J. McLaughlin, (2019).. Determination of hand-transmitted vibration risk on the human, International Journal of Industrial Ergonomics, Volume 70, Pages 28-37, ISSN 0169-8141, https://doi.org/10.1016/j.ergon.2019.01.002.<br />